Voce alle dune
Lacona dopo la mareggiata. Una striscia di dune livellata, il sistema di protezione distrutto. Mi dispiace da morire per chi ci ha investito risorse, lavoro e cuore. Ma se quelle dune potessero parlare, chissà cosa direbbero? “Chiamami duna di cognome, mobile di nome e di natura, e grazie davvero per quello che fate, perché so che ci tenete. Ma chi vi ha detto che volevo, o potevo, rimanere lì dove avete stabilito voi? Mi volete dare veramente una mano? Allora, toglietevi di mezzo (detto con affetto). Lasciate libera in estate la spiaggia che mi nutre di sabbia, perché se è vero che a volte il mare mi consuma, è altrettanto vero che è il mare che mi plasma e mi dà vita. E lasciatemi spazio dietro, perché sbarrata da tutte le vostre infrastrutture mi viene la claustrofobia! Fate ciò che volete, ma se non mi lasciate libera di rigenerarmi e spostarmi, prima o poi morirò quando il mare diventerà troppo invadente (ma, scusate, mai quanto voi)”.